Appunti di storiografia asuriana

(dai diari di Sharabeth)

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    "Il Guardiano"
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    Nella Torre dell’Occhio Arcano un’elfa, dai capelli ormai canuti prende posto dietro l’enorme cattedra in legno d’ebano, intarsiata e decorata con lamine d’oro. La classe - una dozzina di studenti che non superavano le quindici primavere - la fissava intimorita da quella figura imponente per esperienza e non per aspetto. Ella aveva secoli a solcarle la pelle e l’espressione altera si sciolse però in un sorriso, poco prima di accingersi ad iniziare la lezione: amava i giovani studenti, perché per lei erano cera, poteva accendere e spegnere il loro interesse mescolando parole, dipingendo storie… ricordando quel che adesso, per l’Asur, da minacce erano divenute cicatrici.

    Si schiarì la voce e mise da parte il polveroso tomo che era dinnanzi a lei. Bando ai formalismi! Era stata al seguito del bardo Cyrian De Berger e da lui aveva appreso che le parole rimangono più impresse se cesellate con facezia e non dottrina.


    “Miei cari… non è una noiosa lezione di storia che vi propongo, ma una storia… una di quelle che nelle notti fredde scaldano più del calore del camino dinnanzi al quale si è soliti narrarle. Quale storia? Quella della terra che calcate e di coloro che l’hanno solcata… delle sonnolente pietre che sono state testimoni di qualcosa, che noi, creature mortali possiamo e dobbiamo narrare.

    Benvenuti sull’Asur discepoli.

    L’Asur è un calderone di razze… e di vicende. Stando alle origini dei primi insediamenti c’è da definire sorprendente l’evoluzione che poi questa ha avuto.

    Il clima mite della parte centrale della penisola chiamata Terra della Spada – in nome del leggendario oggetto la cui storia riecheggia in ogni angolo del continente – ha consentito i primi insediamenti dei mortali su di essa. Dapprima la territorialità era molto marcata, e gli insediamenti accoglievano uno sparuto numero di famiglie appartenenti alla stessa razza.

    I pescatori umani decisero di beneficiare del mare pescoso che bagnava quella che da minuscolo villaggio sarebbe diventata poi Slayn, mentre la posizione quasi equidistante dalle isole che spuntano dal “Mar delle Chimere” ha consentito a Borian di specializzarsi oltre che nella pesca anche nel commercio marittimo. Edengard, protetta da folti boschi spesso infestati è stata invece spesso una città dal senso di appartenenza molto forte, produttrice di stoffe preziose, e luogo di riposo per ricchi e vecchi mercanti… superata in prestigio e sfarzo da Moldrag, dal fascino forse più decadente, ma luogo di ritrovo della nobiltà e dei mercanti più ambiziosi e spregiudicati.
    Volete definire meglio il vostro concetto di intrigo? Dirigetevi a Moldrag.

    Alle spalle di Slayn quattro tribù Halfling si insediarono poco oltre le campagne della cittadina umana, fondando il villaggio di Drudoc e specializzandosi nella coltivazione di erbe medicinali ed ortaggi.
    Gli elfi, che mai forse riusciranno appieno a comprendere la frenesia degli umani e la loro animosa ferocia, si ritirarono nelle profondità dei boschi che circondano Slayn, imponendosi dapprima un isolamento a scopo precauzionale, divenendo man mano da rifugio a vera e propria città. Eryf dalle verdi torri è il luogo da cui molti di noi provengono. Ma se la razza elfica accarezza le nuvole dagli alberi delle foreste… i nostri oscuri fratelli, i drow, dormono con gli inferi come cuscino, nelle profondità della terra, bramando una rivalsa contro gli abitanti di superficie che sembra sempre sul punto di arrivare.
    Su, a Nord ci sono le piccole città composte prevalentemente da poche tribù naniche, arroccate fra le loro mura. Conservatori e burberi hanno però tante altre doti... non conoscerete un lavoratore infaticabile come un nano!

    Spesso, quando il cielo è terso, in alcuni punti della costa possono essere scorte alcune isole… distanti nello spazio, ma la loro storia è strettamente intrecciata con quella delle terre continentali. Thonar, l’isola dei Tauren – i possenti minotauri – dove le immense piane sono inghiottite per metà dalle intricate ed oscure foreste, dove pare si annidi un antico male… che non muore mai.

    Come se fossero scheletriche dita che si tendono verso un cielo perennemente plumbeo si possono scorgere i picchi dell’Isola del Diavolo… cosa ci sia? Beh signori, posso dirvi cosa ci si trova.

    Morte.

    Kreinad, dalle nere coste invece ospita gli aridi dominii dei mezzi demoni, dove si trova l’antico avamposto di Druom Kra Mid, il Generale di Kraina che governò col pugno di ferro queste terre… prima che le mortali vicende lo plasmassero a loro immagine. Quel luogo è stato maledetto dal sangue corrotto che è stato versato su quelle lande, e dagli orrori che ancora vi si consumano. Esso è ancora dimora di una vampira folle e crudele… discepola di uno dei fondatori della Torre che vi ospita. Anita, praticante di Reir Krow… ma ella morì al mondo prendendo il nome di Notte.
    Della sua storia… parleremo poi.

    Tra le nebbie, l’odore della morte che spira dall’Isola di Thaneros arriva a scuotere le ossa dei marinai più intrepidi. Essa è il dominio dei Vampiri, figli corrotti di Kraina che governano col pugno di ferro un’isola pericolosa… poiché i mostri, non esistono solo nelle favole.

    Due piccole isole gemelle, unite da un lembo di terra invece, è ciò di cui dovete chiedere al capitano di vascello se volete capire cosa sia la maestosità. L’Isola Bianca, dimora dei draghi dal cuore malvagio, padroni di una metà dell’isola, costretti a convivere con i nobili draghi metallici che si ergono a baluardo della crudeltà dei loro consanguinei. Bella e pericolosa, misteriosa ed infida, la terra dei draghi, attira sempre più avventurieri di quanti ne lasci andare. Solo pochi umani hanno il coraggio di vivere accampati nei pressi del piccolo porto, solo pochi umani possono dire senza mentire di non aver paura a toccare le sue sponde.

    A Borian i commerci, a Moldrag i trasporti e la vita mondana, per Edengard gli ozi della ricca borghesia e… Slayn?
    A Slayn la storia.
    Essa è da sempre stata più che un obiettivo da conquistare un simbolo… il suo dominio era mettere parola nelle vicende dell’intero Asur.

    Immaginiamo spesso le creature non morte come scheletri rinsecchiti e privi di raziocinio che marciscono in fondo ad una cripta, ma no, non in queste terre… I vampiri presto si organizzarono, creando una vera e propria Gilda, assetati di potere e nuove terre dove spingere la loro funesta ombra.
    La Rosa Spinata miei cari… adesso somiglia più ad un vago ricordo, ma io c’ero quando questo nome ancora faceva tremare. I membri della Rosa Spinata – la cui sede era nascosta nel cuore delle foreste dell’Isola di Thonar, tra le fronde e le tenebre c’era quello che per noi era il cuore stesso di un male antico. Non era inusuale vedere quei predatori aggirarsi di notte per le strade del piccolo porto di Slayn, vederli riunirsi nel tempio di Kraina e sentire il peso della loro presenza durante le lunghe notti asuriane. Un gruppo di giovani ed impavidi avventurieri non cedette al clima del terrore che quelle creature imposero, anzi! Sollevò il capo ed a gran voce, a fil di lama disse che non si sarebbero piegati a nessuna angheria. Fu il coraggio la pietra su cui venne fondata la “Fiaccola Eterna” l’ordine che accoglieva tra le sue fila chiunque sapesse e volesse in qualche modo arginare la piaga che i vampiri stavano portando sulle nostre terre. Syflin Olman – una delle fondatrici della Torre – e Nelendar il suo compagno di ventura iniziarono la loro lotta contro la minaccia vampirica insieme a Reir Krow, Rerien di Makiir, Isabella delle Sabbie e tanti altri avventurieri i cui nomi adesso sembrano altisonanti… ma posso assicurarvi che perfino Samia Aramon, Calimon Elendili e Kerick Ster… all’inizio… erano solo dei ragazzi con il cuore candido e tanta voglia di cambiare le cose… e si, c’è stato un periodo in cui anche Breath Sands imparava a mantenere la spada in mano, così come Gitano era un giovanissimo tauren, armato più di coraggio che di disciplina.

    La Rosa Spinata cominciò a trovare una resistenza inaspettata, il terrore che seminavano non era più sufficiente a concedere loro il più totale arbitrio su quelle terre. Antalius, il comandante della Rosa si trovò costretto a partire, a cercare truppe fresche e terre inesplorate per riscrivere il concetto di controffensiva nei confronti di quel gruppo di avventurieri che era divenuto in poco tempo una minaccia.
    Quelle creature, miei cari, combattevano con qualcosa che non poteva essere noto a delle creature prive di vita.
    Era l’ardore miei cari, ciò che voi mai dovete perdere se non volete vedere questo mondo precipitato nel caos.

    Una giovane accolita, spuntata dalle fila degli incantatori della Rosa fu scelta come sostituta di Antalius, ed il suo nome era Sharabeth Meltapher. Il luogotenente del Comandante, Kaine Vlad partì con lui, lasciando il controllo della gilda a Sharabeth, donna dai modi tutto tranne che marziali, a differenza del suo predecessore… ma infida come il veleno versatovi da un commensale.
    Le tensioni aumentavano e la Fiaccola non perdeva occasione di chiarire quale dovesse essere il posto dei vampiri, e di quanto fuori dai territori di Slayn questo si trovasse. Sembrava l’alba di una guerra non più fredda ma senza quartiere, quando qualcosa di oscuro, qualcosa di terribile tramutò queste terre in un incubo, come se l’inferno stesso avesse sbadigliato inghiottendo il continente.

    Il Bahlil Merlin venne annunciato dai campioni demoniaci rigurgitati direttamente dai gironi infernali.

    Un torneo… Un torneo fra i Generali di Xafen in persona e l’Asur era la loro arena. Slayn, Borian e Moldrag caddero per prime, devastate dall’invasione dell’orda demoniaca, le perdite fra civili e soldati erano inaccettabili ed il continente intero giaceva in ginocchio, vittima di un disastro che mai avrebbe potuto arginare… se non unendo le forze.
    Inaspettatamente venne proposta e conclusa una tregua tra la Rosa Spinata e la Fiaccola Eterna, allora capitanata da Reir Krow… e così, fuori dalle mura meridionali di Slayn vi fu una storica stretta di mano tra i due Comandanti, mediata da Valen Shadowbreath.
    Con la fine della faida tra le due Gilde e la collaborazione dei Draghi D’Oro le terre asuriane riuscirono a riprendere il controllo della situazione e pian piano le ferite inferte dal torneo demoniaco presero a rimarginarsi… ma quella catastrofe aveva cambiato qualcosa di più che l’aspetto delle città. La Fiaccola mantenne la tregua e qualcosa nella Rosa mutò. Dreinard, dio degli elementi, ascoltò le preghiere di Krow che si era ritrovato ad amare una dannata, una creatura priva di vita ed ogni genere di sentimento… diluendo il sangue di Sharabeth, consentendole di tornare almeno in parte mortale.
    La faida tra Fiaccola e Rosa poteva dirsi completamente sedata, mentre i Draghi D’Oro, il glorioso ordine di paladini e sacerdoti di Lighten che da sempre si sono votati alla difesa di tutto ciò che è vita, rimasero però ad osservare guardinghi, mai completamente convinti che un simile cambiamento potesse essere permanente. Kerick Ster, Calimon Elendili, Nightsummer Obaskyr, così come Yoria e Delfina Undòmiel passarono gli anni di pace a seguire con la guardia sempre alta, combattendo e versando sangue sulla terra che chiamavano patria per arginare il popolo delle tenebre che non si era arrestato… aveva solo perso un capo.
    L’equilibrio sembrava assottigliarsi: i drow si erano riversati sulle terre baciate dal sole in cerca di una terra da chiamare propria, riavvicinando solo parzialmente le popolazioni minacciate, acuendo forse le tensioni fra i Draghi D’Oro e la Rosa Spinata, che priva dei loro comandanti contava fra le sue fila cani a briglia sciolta, pericolosi ed imprevedibili. Fu proprio in questi giorni bui che vennero fondati due ordini che… vi suoneranno particolarmente familiari.
    La Torre che vi ospita… la Torre dell’Occhio Arcano fu fondata da Reir Krow, Rerien di Makiir, Syflin Olman, Kytiara e Sharabeth Meltapher quarant’anni orsono come rifugio per tutti coloro che erano alla ricerca della conoscenza, che volevano apprendere lo studio della magia e delle scienze. Un tempio del sapere dove razza, sesso e religione si annullavano in virtù di un bene superiore: la sapienza.
    Contemporaneamente due tauri Gitano e Garedon – eletti di re Gotrek – insieme con Breath Sands, Perin Underfard e Valen Shadobreath fondarono l’Ordine dei Difensori, non era un ordine religioso come i Draghi D’Oro era forse più una ripresa della Fiaccola Eterna, che ormai aveva perso di significato, poiché il male da combattere non era più solo quello vampirico, ma da più fronti esso si affacciava all’orizzonte.
    I Difensori si resero autori di un’impresa memorabile, furono infatti le loro lame - grazie poi alla collaborazione esterna di Tarkas Nightblade - a distruggere per sempre la sede della Rosa Spinata, cancellando così più un vecchio fantasma che una reale minaccia.

    L’instabile equilibrio che si era venuto a creare venne rovesciato col ritorno di Antalius sulle cosiddette “Terre Libere” corrispondenti ai territori che abbracciano Slayn, Edengard, Moldrag, Eryf e Borian. Il comandante era determinato a rispolverare le vecchie glorie del passato, calcando le terre insieme ad alcuni suoi “illustri” fratelli, quali Christof De Romuald, Lacrima e… reclamò anche il suo luogotenente mortale, Rashid.
    Per risvegliare il suo attendente Antalius prese la vita del figlio di questi, Yado, membro dei Difensori e fraterno amico di Perin Underfard, abilissimo esploratore noto più che altro per il suo buon cuore… ma non dopo quel colpo.
    Alla morte di Yado la faida tra vampiri e mortali poté dirsi riaperta in tutta la sua furia, gli scontri si consumavano spesso fra le strade, ed i duelli spesso non erano solo verbali, fino a che Antalius non cadde per mano di Yoria e Calimon, davanti agli occhi di Sharabeth Meltapher, ormai moglie di Krow che, alla vista del comandante esanime venne accecata dal dolore, sprofondando nella follia più pura, causando quella che ancora oggi si chiama “la strage dei Templi”, poiché si consumò davanti al tempio di Kraina. Il quartiere venne devastato dalla magia scatenata dalla vampira che venne fermata con la forza e condotta via dallo scempio incosciente.

    Quel giorno gli assetti politici dell’Asur cambiarono radicalmente.

    La minaccia vampirica sembrava sconfitta nuovamente, i Difensori ed i Draghi D’Oro donarono ai cittadini delle Terre Libere un lungo periodo di pace. La Rosa era macerie ed il suo comandante apparentemente cenere, Sharabeth invece – stravolta dalla vicenda – partì, abbandonando il marito per rintanarsi in qualche posto sperduto nelle Lande Ghiacciate.
    Fu forse, miei cari, un gesto di un uomo ferito, una feroce vendetta per qualcosa di cui solo gli eventi hanno la colpa… chi lo sa… ma fatto sta che Reir Krow aizzò i draghi cromatici – capeggiati da Xenopher, il millenario dragone rosso - bestie, tanto belle quanto crudeli, contro gli avventurieri delle Terre Libere, indicandoli come responsabili di tante, troppe morti dei loro fratelli. La risposta dei draghi non tardò e la loro vendetta si scagliò su Slayn come una pioggia di fuoco.
    Reir era però un mago potente, ed un uomo astuto… liberò qualcosa di più oscuro e perverso dei draghi. Una forza fatta di pura malvagità, di astuzia unica, la cui padronanza della magia è opera di attenta analisi tuttoggi. La cui essenza stessa è materia di studio assai difficile per i più anziani di noi.

    L’Oscuro calò sulle terre dell’Asur inghiottendole nelle tenebre.

    Un essere senza volto e senza forma, costruì il suo trono sulle macerie di Borian, Moldrag Slayn ed Edengard, cancellando ogni scritto, memoria e trattato riguardante lui e la sua storia, in modo da non renderlo in nessun modo attaccabile.

    La conoscenza, miei cari, è dunque la più potente delle armi.

    Appena lo scempio fu compiuto Reir Krow ebbe il tributo da parte dell’Oscuro, ritirandosi a vita privata su un’isola volante, ormai divenuta leggenda.
    La sua vita svaniva nelle nebbie della storia, mentre invece è stata ombra quella che ha avvolto queste terre per dieci lunghi anni. L’Oscuro aveva messo in ginocchio la popolazione, che ormai viveva da nomade, rintanandosi nei pochi luoghi non infestati dai demoni che componevano il suo monumentale esercito. Una speranza venne data da un’antica pergamena custodita tra le esotiche sabbie dell’Ashar, all’estremo sud del continente. Forse… unendo le forze di tutti i più potenti incantatori dell’Asur, le Terre Libere avrebbero potuto tornare a farsi chiamare così a ragion veduta.

    L’Alleanza delle Terre Libere riceve i natali proprio allora. Adesso è solo una serie di patti commerciali e politici, ma non poi tanti anni fa fu sinonimo di speranza, fu una coraggiosa candela in un mare di tenebre.
    Uditi gli eventi che stavano sconvolgendo le Terre Libere, Sharabeth Meltapher tornò nella città che tanto le aveva dato e tanto le aveva tolto. Calcava di nuovo il suolo di Slayn, trovando in Notte, la maga vampira generata da Christof De Romuald una potente alleata, con un nuovo progetto in mente e… ed il vecchio sangue nelle sue vene. La grazia di Dreinard l’aveva abbandonata, così come quel timido soffio di vita suo dono. Di nuovo morta, di nuovo crudele, di nuovo determinata a conquistare il dominio di una città che aveva minacciato e poi difeso.
    Ivy, drow della casata Black, Sharabeth, Syflin e Rerien presero parte al complesso rituale che avrebbe dovuto relegare l’Oscuro nei meandri stessi dell’inferno, le incantatrici vennero difese dall’elite Asuriana, da Calimon a Samia fino a Garedon Webber, Valen e tutti coloro in grado di impugnare una spada per difendere i brandelli di ciò che un tempo chiamavano casa. Dalle tenebre alla luce non vi fu nessuno che non portò le armi quel giorno.

    Lo scontro fu feroce, e si dice che la notte in cui cade l’anniversario della battaglia si riesce ad udire ancora il fragore delle armi e le grida dei soldati che persero la vita per darne una ai propri figli. Il continente ancora una volta era salvo, il male era stato di nuovo ricacciato indietro.

    Le nebbie di un’isola però cominciavano a sapere di sangue e morte proprio dopo la cacciata dell’Oscuro.
    Coincidenza?
    Cospirazione?
    Oh… chiunque abbia la risposta è il benvenuto.
    Grazie all’aiuto di Notte, Sharabeth aprì un varco che dava sullo stesso inferno… mentre Antalius strinse un patto con Xafen, avendo in cambio la possibilità di insanguinare ancora la polvere asuriana.
    L’amicizia tra le due vampire durò tanto quanto la necessità chiedesse, vedendo poi Notte tornare alla sua cripta a Kreinad. Da allora le sue vicende sono oscure e contrastanti. Chi giura di averla vista ridotta in cenere, chi dice che ella è viva e più potente che mai… su una cosa chiunque concorda: Notte fa ancora paura.
    Da quell’infausto rituale però… l’Isola Senza Nome ne prese uno… un nome che adesso desta una reale preoccupazione.

    Thaneros.

    Sharabeth, Antalius, Christof, Shin Omura, Tarkas Nightblade, Lacrima e… tanti, troppi altri si dichiararono signori di quella terra, rendendola una spietata dittatura, dove i mortali non sono ospitati ma allevati, dove il terrore è la norma e la paura è un’ombra che si proietta ben oltre i suoi alti bastioni.
    Vi sconsiglio pertanto, di rendere omaggio ai sovrani se capitate da quelle parti…

    Cosa accade adesso su queste terre? Beh… l’Alleanza delle Terre Libere è ancora salda e vigile, e vive ogni giorno di pace come una conquista, mentre le tenebre ad ovest si accumulano, gettando di tanto in tanto un’ombra funesta sui luoghi che… altro non erano che villaggi di pescatori.

    Rapporto spedizione di ricerca delegazione di Edengard
    Tratto dal rapporto della squadra di ricerca dell’Alleanza delle Terre Libere a fronte della mancata comparsa dei rappresentanti di Edengard all’ultima Assemblea.

    Contingente: 2 esploratori del Corpo Forestale Speciale di Slayn 2 Guardie della Gendarmeria di Borian, un accolito della Torre dell’Occhio Arcano. Capitano: Sir Fergus Millian dell’esercito dell’Alleanza delle Terre Libere.

    “…Durante la traversata da Slayn ad Edengard - organizzata a fronte della mancata comparizione dei suoi rappresentanti all’Assemblea dell’Alleanza – ciò che di strano poteva saltare all’occhio venne etichettato come “effetto collaterale” del misterioso terremoto che ha scosso il golfo in lungo ed in largo. Venne annotata la totale scomparsa di fauna dal Passo dell’Aquila in poi come uno dei principali cambiamenti a seguito dell’evento succitato, assieme al mancato reperimento d’ogni segno di carro o passaggio di forma di vita umana da là alla data risalente più o meno al sisma.

    L’incantatore al seguito del mio contingente affermò poi di percepire una forte aura non dovuta all’uso di magia arcana o di origine divina, ma di certo di ordine sovrannaturale. Il fatto venne annotato nel diario della spedizione come elemento secondario rispetto all’obiettivo primario: accertare lo stato di necessità della città di Edengard.

    Al terzo giorno – a due kilometri a sud di Edengard - subimmo il primo attacco di coloro che un tempo dovevano essere gli abitanti di quei boschi.
    Orsi, lupi e perfino le lepri si mostravano di tre volte più grandi della norma, con corpi ricoperti in gran parte da superfici di tessuto cheratinoso, duro come roccia, con fauci ben più sviluppate dei comuni esemplari; i branchi di bestie erano ben organizzati e particolarmente aggressivi. Nello scontro perirono i due gendarmi e l’incantatore rimase ferito agli arti. Ordinai la ritirata ma il cammino ci venne sbarrato da qualcosa che avrei potuto definire come un cinghiale per via dei grugniti, ma aveva la mole di un orso e la furia di un toro. Insieme ai restanti membri del gruppo decidemmo quindi di raggiungere le mura della città, nella speranza che essa ancora fosse in grado di offrire rifugio da simili aberrazioni.
    Mai errore di valutazione risultò più fatale.

    La città di Edengard appare attualmente deserta, abbandonata all’incuria e senza alcuna traccia di invasione, colluttazione o eliminazione fisica dei suoi abitanti.
    Una città fantasma.
    Il primo a cadere fu l’incantatore, probabilmente notato dagli oscuri abitanti di Edengard per via delle sue ferite ancora aperte. Egli fu travolto e trascinato via con una velocità che non mi permise di comprendere con cosa avessimo a che fare, ci volle l’esploratore di razza elfica per scorgere le sembianze dei nostri carnefici.
    Creature alte oltre i due metri, di forma che solo vagamente ricorda il corpo umano. La stazione prevalentemente eretta, tranne quando spiccano balzi o corrono incontro alla preda. Gli arti sono allungati e le mani terminano con artigli affilati come rasoi, mentre il muso ricorda quello di un canide, con zanne così prominenti da impedire la corretta chiusura delle mascelle. Non portano abiti se non brandelli di stoffa abbandonati casualmente su un corpo muscoloso oltremisura, ricoperto da una peluria argentea ed alquanto folta.
    La loro rapidità, coordinazione ed astuzia lascia presagire che non siano solo sciocche bestie feroci ma che caccino con un preciso schema, che ahimè, ho visto ripetersi con il secondo esploratore, stretto in un angolo della piazza principale e divorato davanti ai miei occhi… ancora vivo.

    Per quanto questo rappresenti un disonore, ho ripiegato immediatamente, raggiungendo il primo avamposto utile con più fortuna che abilità, per comunicare al resto della popolazione la sorte che ha travolto Edengard, sebbene, ad oggi, ancora mi è impossibile comprendere quale sia la razza delle bestie che adesso la popola.

    Nella fuga ho riportato gravi ferite al torso ed al volto che mi sono state medicate prontamente, ma alle lacerazioni si accompagna, a quel che vedo, un morbo indomabile, che mi costringe a letto da ormai due settimane, e prima che le febbri mi squassino corpo e mente mi dichiaro attualmente in grado di intendere e di volere, pronto ad assumermi ogni responsabilità circa le dichiarazioni rilasciate in questo documento.

    Edengard è perduta.

    In fede.

    Sir Fergus Millian


    Il colonnello Millian sembra essere scappato dal sanatorio alla terza settimana di degenza, nella fuga ha ucciso un’infermiera il cui cranio è stato trovato letteralmente fracassato, inoltre presenta profonde ferite agli arti e quelli che sembrano segni di masticazione su tutto il corpo.

    L'ascesa dell'Oscuro - Narrazioni
    La cripta era deserta, completamente immersa nella polvere e nel silenzio. I sacri sigilli imposti a quella millenaria dimora emettevano un bagliore azzurrino che quasi stonava con l’ambiente tetro che separava quelle mura dal resto del sepolcro.
    Una figura rinsecchita e curva su se stessa giaceva stesa in un sarcofago scoperchiato: gambe penzoloni e braccia incrociate dietro la nuca… a fissare il soffitto.
    Fissava il soffitto da una quantità di anni che era meglio non contare. Da quando era morto di certo.
    Le ossa a volte biancheggiavano sotto le vesti pregiate, mentre alcuni tratti erano ancora ricoperti da una pelle che somigliava più al cuoio conciato che qualcosa da accostare a quella umana.
    Il cranio tirato e ricoperto dalla pelle ormai mummificata lasciava ardere due fiammelle purpuree al posto degli occhi: i diabolici fuochi si diressero in un luogo immerso nell’oscurità, sul fondo del suo sarcofago, nello spazio che avrebbero avuto i piedi, se le tibie rinsecchite non fossero adagiate sul suo bordo.
    Una voce gracchiante eruppe da quel corpo privo di vita ma non del sortilegio che lo anima.


    “Cosa?... La storia dell’Oscuro dici? Sei un buongustaio direi…”
    Quella figura immersa nell’oscurità emise uno scricchiolio raggelante mentre si sistemava le ossa porose sempre sul punto di sbriciolarsi.
    “Dunque Dunque… da cosa cominciamo allora caro il mio ospite? Come dici?... Già, mi sembra un ottimo punto.
    Reir Krow.
    Quel mago mi è sempre piaciuto in verità sai? Ogni volta che mi veniva a trovare non lo faceva brandendo una spada e farneticando in nome di un dio qualsiasi… lui veniva qua e ci misuravamo, ne discorrevamo ed ognuno di noi terminava la conversazione con qualcosa di nuovo nel proprio bagaglio. Oh! Il sano amore per la conoscenza che non conosce razza e pregiudizio. Non se ne incontrano così tanti sai che mettono il sapere sopra ogni cosa.
    Ma… egli non mi se sempre il sapere sopra ogni cosa, un giorno ci mise la vendetta.”

    Il cumulo scrosciante di ossa si rintanò nel suo angolo di sarcofago come a mettersi comodo, strisciando la spina dorsale sulla pietra producendo un suono assai fastidioso.

    “Una bella moglie non morta da gioie e dolori direi, certo! Sei uno degli uomini più invidiati di Slayn… ma la graziosa Sharabeth non ha tutte le rotelle a posto, si dica solo che per troppo tempo non è stata né umana né vampira… una fastidiosa via di mezzo amico mio. Una fastidiosa via di mezzo, e… quando si parla di natura… le vie di mezzo non portano a niente di buono”

    Una risata gracchiante eruppe da quel cranio vuoto, qualcosa che sembrava più un girare di una maniglia arrugginita che un raglio.

    “HAH! A furia di sentir le panzane dei druidi sono diventato uno di loro! Da domani voglio Valen ed Ombrone a prendere tè e pasticcini qui con me!” tossicchia “Ma… dov’ero rimasto? … ah si! Sharabeth perse completamente il lumicino quando il suo sire venne ridotto in cenere davanti a lei. Oh! Niente note struggenti…ovunque io abbia il cuore non voglio certo riempirlo di questo mieloso tripudio di buoni sentimenti! Voglio solo spiegarti che in un sol colpo Krow si trovò senza moglie – partita per chissà dove nell’inutile ricerca della sua ragione credo – senza la famiglia che credeva di essersi costruito e con un branco di paladini che lo guardavano molto storto, avendo lui dato una mano alla parte sbagliata della contesa.
    Mi avrebbe messo di cattivo umore per un secolo!

    Reir è un umano che non teme la morte, e solo in parte sono riuscito a strappargli il suo segreto. Sai? L’immortalità cambia la mente di una persona… la cambia decisamente. Egli si diresse all’Isola Bianca e non ci mise molto a far piovere su Slayn il fuoco dei draghi, desiderosi di vendetta… troppi dei loro fratelli erano stati uccisi per motivi futili dagli eroi di quella città.”

    Il narratore si ferma per un attimo, le fiammelle che ardono al posto degli occhi calano di intensità, come se imitassero uno sguardo distante.

    “Già… brutto peccato la superbia.”

    Lo scatto che fece per voltarsi di nuovo verso il suo ancora ignoto ascoltatore provocò uno schiocco simile a quello di una corda spezzata.

    “Ma Krow non era contento, Krow voleva vedere in ginocchio Slayn e quello che rappresentava… i suoi cittadini che tanto l’avevano difesa, che su tutto, su di lui particolarmente, erano passati per vederla in salvo.
    Ed un mago come Krow esaudisce i suoi desideri anche senza candeline di compleanno.
    Egli contattò una… cosa. Non ho idea di come fece, lo ammetto con una certa vergogna… ma è così. Un’entità, un dio, un demone… oh! Se l’avessero saputo non sarebbero stati lontani anni ed anni dalla loro amata città.”

    Lo scheletro strinse le spalle, ritirando il collo in dentro, come in un impeto di stizza.

    “Che noia voi mortali! Sempre di fretta, sempre a passare alla parte dell’azione! Che noia!” sbuffa “E va bene va bene…”

    La figura riprese la sua posa da simposio e proseguì.

    “Beh! Che dire… doveva essere estate, gli avventurieri che arrivavano nella mia stanza ci arrivavano abbastanza sudati da farmi dedurre che dovesse far caldo anche nella cripta… ed anche in questa cripta tremarono i muri ed il soffitto, e l’odore del sangue doveva essere così vicino che io lo sentii dalla mia prigione sotterranea. Centinaia, forse migliaia di vite spezzate, con la magia, con la più cieca violenza.
    Un esercito di demoni, uscito da una bocca senza fondo entro le mura cittadine… che rigurgitava orrore su orrore senza fermarsi mai… le truppe in difesa della città di assottigliavano mentre l’esercito avversario si infoltiva… non fu una battaglia mio caro, fu una mattanza, un semplice massacro di benvenuto.
    Il patto era semplice in fondo: all’Oscuro Slayn ed a Reir un rifugio lontano da tutto e da tutti, che non toccasse terra.
    Beh, Slayn fu ridotta ad un cumulo di macerie… ed ora Reir ha un’isola volante. Mi sembra equo.”

    Il ghigno che tese la cartapecora che un tempo fu pelle avrebbe fatto rabbrividire il più impavido ei paladini.

    “Sai perché l’Oscuro suscitò la mia stima? Perché mi ha liberato? Oh si… certo, quello lo fece schizzare alle vetta della mia personale classifica di amici… ma lo apprezzai da prima. Era astuto mio vecchio amico, era astuto come mai più ne vidi in giro. La sua venuta era calcolata da tempo, e probabilmente la rabbia di Krow fu solo provvidenza. Come rendersi invincibili? Potenza? OH! Andiamo! IO passo le mie giornate con te eppure se me lo chiedessi potrei costringere i colli Shandriss con tanto di gallerie a farmi la riverenza!... no, non è la potenza, né la grazia e non l’abilità politica… ma è la conoscenza, la chiave del potere. L’Oscuro lo capì e fece la mossa che gli consentì un regno piuttosto lungo e duraturo sulle macerie di Slayn…e mi concesse una bella passeggiata in superficie, ed avevo guadagnato un certo numero di simpatizzanti nel suo esercito...”

    Uno scheletro può deglutire? Ohbè… il gesto fu almeno evocativo.


    “Oh ecco, mi sono perso di nuovo. AH! Beh… lui cancellò ogni traccia e memoria di sé, ogni documento, citazione, annotazione nota storica. Nessuno poteva così conoscere la sua natura, e non conoscendola… non si potevano portare armi contro qualcosa che non si sa come muore! Oddei… se ci penso mi vien voglia di applaudire per quella trovata! Se solo non temessi che la mia mano destra non reggerebbe il colpo…. Trovi che sembra stia ancora marcendo…?”

    Sollevò l’arto destro verso l’angolo del sarcofago occupato dal suo interlocutore agitandoglielo davanti per poi fissarsi il dorso della mano, scrollando le spalle, provocando una serie di piccoli scrosci come se fosse una cristalliera semovente.

    “…Perdonami, gli anni non mi rendono vigile com’ero… beh com’ero allora direi, quando potevo ancora girare in superficie e far tremare i ranger che si avventuravano nei boschi di Slayn! Ad ogni modo l’Oscuro guadagnò anni interi in questo modo. I pochi superstiti di Slayn si rifugiarono a Borian, cercando una soluzione ma… che cercare se non sai cosa devi fare fuori? Quello fu un gran periodo per i bardi, davvero provvidenziale direi! Poiché, finite le vie che la scienza, la storia e la magia indicavano… la resistenza di Slayn cominciò a badare alle leggende, alle favole della buonanotte ed alle storielle che si raccontano per far stare buoni i bambini. HOH! Furono fortunati, perché tra le tante corbellerie che si raccontano su queste terre, una parve fare al caso loro.
    Una pergamena.
    Un oscuro rituale che richiedeva le forze arcane di più incantatori…e non incantatori qualsiasi.
    Parlo di Syflin Olman, Ivy Black, Arcadia Danimar e proprio Sharabeth che nel frattempo era tornata… ad una sana dieta di solo sangue.
    Non si sfugge alla propria natura.
    Mai!”

    La pronuncia troppo vibrante di quel “mai” gli provocò un grottesco colpo di tosse, dopo il quale proseguì.

    “Si costituì un’alleanza… e tu ti domanderai… perché le forze delle cosiddette tenebre non si siano alleate con l’Oscuro. Boh! Stupide questioni di principio da paladini circa la proprietà dei loro domini temo, o qualche impeto di orgoglio di razza che lascia più tempo di quanto non trovi. Cosa? OH! Va bene va bene! Riprendo il filo!
    L’Alleanza abbracciava ogni genere di creatura interessata alla ripresa di Slayn: ho visto paladini trattenere i conati perché marciavano accanto a non morti, ho visto druidi proteggere chiunque potesse essere utile alla riuscita della battaglia, ho visto drow non sguainare le lame in presenza di elfi.
    Fu un bello spettacolo… si. Ma non ti illudere che io abbia colto il lato buonista della cosa! Molto semplicemente era bello vedere come una serie infinita di interessi si intrecciassero e travestissero da puro ideale… chi lo ammetteva e chi no… ma a tutti – in un modo o nell’altro - interessava essere acclamati per l’ennesima volta come eroi ed avere di nuovo carta bianca per fare quello che gli pare!”

    Chiuse il pugno e lo agitò in aria come fosse un vecchietto bisbetico.

    "Non fu facile… e non tutti arrivarono alla fine di quel dannato percorso disseminato di creature che solo un incubo collettivo poteva aver sputato fuori. La pergamena però… la famosa pergamena che… oh?! Forse… te l’ho detto che credo che l’abbiano recuperata i cosiddetti Difensori di Slayn? Quel gruppo di avventurieri che hanno giurato di difendere la città ad ogni costo?”

    Un ghigno seguito da una risatina malevola accompagna quelle parole.

    “Cosa riesce a fare il senso di colpa… Mah! Ad ogni modo… usarono quella dannata pergamena che annullò il divino velo che ammantava l’Oscuro, rendendolo finalmente sensibile alla nutrita collezione di legnate che gli regalarono poco dopo il manipolo di sopravvissuti. Lo abbatterono si… ma… io non giurerei che abbiano capito cosa fosse in realtà sai?...e poi…?”
    Non dopo aver emesso un brontolio ed aspettato un minuto prima di proseguire.
    “…e poi io venni sbattuto dentro questa pidocchiosa cripta, relegato a vita da chissà quale incantesimo, e destinato a risorgere dalle mie ceneri come la mia maledizione mi impone da più di milleseicento anni!!!”

    L’astio ed il disprezzo di cui venò le parole si affievolirono, l’espressione mutò, come se stesse escogitando qualcosa.

    “Ma le ceneri dell’Oscuro vennero raccolte… in un sacchetto, e questi resti sono custoditi da Tarkas, un essere un po’ vampiro e per tre quarti carogna che nella più rosea delle ipotesi se l’è vendute al mercato di porto Kashbian come sabbia per gatti… ma se così non è, amico mio… potrei riscrivere la parola libertà nel mio vocabolario sai?”

    La figura si mette dritta a sedere, come se avesse udito un rumore improvviso.

    “Cosa? COSA! Dici che la mia storia è parziale?! Dici che non ti ho narrato tutta la verità!? Brutta carogna insolente! Infilati allora nelle tenute di ognuno dei sopravvissuti! E prova a frugare nei loro diari!... vedrai se non è come ti ho detto io! Brutto insolente ed ingrato! Io sono AREC! E non un saltimbanco! Mio mestiere non è raccontare frottole!”

    Con un colpo secco sferra un calcione in direzione del suo interlocutore, producendo uno strano rumore, come di sabbia che pian piano si sgretola… mentre un piccolo cranio di roditore e qualche costola rosicchiata rotolano nella zona di luce, rivelando la misera natura del famigerato amico di Arec.

    “Così solerti a dare giudizi affrettati... ed a morire…”

    *Si rialza nell'androne, o di ciò che rimane, della vecchia Torre dell'Occhio Arcano. Il giaciglio di fortuna dove aveva passato il giorno era vuoto alla sua destra. Sorrise appena, come trionfante, decisamente compiaciuta. Cercò ancora, vanamente, di dare una piega normale alla sua chioma nero violacea ed osservò i brandelli del vestito ormai rigido per il sangue di cui era intriso che si era rappreso, ridacchiò divertita nel sentire scricchiolare le cuciture.
    Si guardò intorno: molti soldati avevano cercato riparo fra queste mura la notte prima, ma a giudicare dalle bruciature sulle pareti e sui resti carbonizzati intorno alla donna avevano solo trovato una tomba al coperto. Tutti feriti alle spalle, tutti morti col volto riverso al suolo... morti in fuga. Sorrise quasi a sogghignare: la paura è un sentimento forse comune a tutte le creature... anche a quelle immortali, poichè se ne nutrono, e per nutrirsene devono saperla riconoscere.
    Alcuni volti erano riconoscibili, avevano ancora dell'umano. La speranza mortale... quanto di più dannoso possa esistere, è come il vino agli occhi della donna: ubriaca, rende avventati ed euforici, ma è madre di molti, troppi eventi infausti. Tutti ad urlare per scacciare il terrore prima della battaglia, tutti a mettere la propria vita in mano a divinità sorde, il rumore delle lance sugli scudi ed inni alla libertà.... mentre i loro regnanti sapevano che andavano solo a morire. Sorrise sadica a questo pensiero, quasi divertita, come se quella carneficina programmata la compiacesse, come se tutto quello spettacolo, quel tripudio di morte la appagasse più della stessa vittoria.
    Migliaia, centinaia di migliaia di pose plastiche e scomposte, come un enorme e folle disegno compiuto dalla stessa Kraina, un enorme monumento alla morte era quella città quella notte, dove la nebbia si mischiava all'odore dell'inevitabile. Si riempì le narici di quello che altri avrebbero definito tanfo, come a volersene ubriacare, e ritrasse i cadaveri contorti nell'ultimo estremo abbraccio che la dea aveva donato loro: era tutto così perfetto, tutto così immoto e silente... sapeva di eternità tutta quella morte, sapeva di destino.... che sarebbe stato spazzato via dalla speranza di nuova vita al primo sole sorto su questo sterminato campo di battaglia.
    Storse il naso a quest'evenienza e sospirò alzandosi e sgattaiolando fuori dall'ingresso della torre, affacciandosi sul quartiere una volta chiamato "di Giustizia". Annusò l'aria e si guardò gli stivali ormai consunti che venivano ancora bagnati dal sangue dopo un intero giorno. Qualcuno doveva essere morto da poco, di una lenta ed atroce agonia... o forse lo stava facendo proprio adesso: non potè che gioirne di questo rosicchiare le speranze che la dea così tanto amava... corrodeva la speme di sopravvivenza fino a spegnerla con sadica lentezza. Rise. Rise di gusto nel pensare quanti occhi morenti adesso la stessero sfiorando, quanti occhi morenti vedevano in lei la speranza di sopravvivenza... mentre ignoravano che avrebbero trovato solo una sadica spettatrice della loro fine. Scorse con lo sguardo più e più volte l'orizzonte e poi le rovine di Slayn come a voler immortalare quel momento, come a voler ricordare per sempre la città così: in rovina e ricoperta di corpi mortali esanimi, impregnata dell'odore di ineluttabilità e permeata dai lamenti agonizzanti dei superstiti... chissà ancora per quanto. Le labbra turgide si tesero perfide a questo pensiero.
    Si sedette sull'enorme blocco di granito che prima li aveva sentiti parlare di immortalità, poggiò i piedi su un cadavere, o presunto tale, che giaceva lì vicino ed usò le ginocchia come piano d'appoggio. Estrasse il pennino dalla punta metallica e trapassò il collo del suo poggiapiedi in carne ed ossa per attingere macabro inchiostro.*

    E' costato tanto, in termini morali ed economici a me ed al mio popolo esserci l'altra notte... ma è stato un alto prezzo pagato in modo giusto ed equo. Ho avuto Tarkas accanto a me, e forse non lo saprà mai, ma ha contato molto, ha cambiato molto... è stato un sollievo poter cercare la sua figura imponente fra tutte quelle frattaglie *sogghigna* è stato un sollievo poter sorridere soddisfatta e sapere che qualcuno in quel luogo desolato mi avrebbe compresa.... è stato un sollievo non cadere al suolo esanime perchè c'erano le braccia di uno dei più valorosi fratelli a sorreggermi.
    Truppe, legioni e draghi alle mie spalle... le urla della battaglia ed il sangue che ribolle a vederne versato altrettanto... oh! Avrei voluto lanciarmi nella mischia e colpire senza il minimo rimorso, spazzare via ogni briciolo di pietà dalle mie azioni e vedere soffrire, patire.... implorare misericordia quel branco di insetti schiavi di un demone *sogghigna con una perfidia malsana e ferina* Ma purtroppo, dopo un secolo, conosco il mio sangue... e so che dopo il nemico sarebbe toccato a qualunque cosa fosse viva intorno a me... una volta immersi in un lago di sangue ritroviamo i predatori che siamo: irrefrenabili e bestiali, implacabili e spietati... ogni cosa vive non lo è più al nostro passaggio...
    Avrei desiderato altro sangue, avrei desiderato altra morte, avrei desiderato altro terrore ed occhi sbarrati che lentamente si spengono con me come carnefice ancora riflessa dentro *tira la testa indietro come scossa da un brivido di piacere ad evocare certe immagini*
    Non potevo... ho lasciato fare a quel branco di mortali esaltati... inneggianti a divinità di cui mi rifiuto di udire il nome, una parata di ottusità che rasenta lo stomachevole anche per una creatura che dovrebbe essere divenuta imperturbabile nel gelo della non morte. *fa lentamente spallucce* Sono tagliati per essere carne da macello.... *sorride a mezza bocca, sarcastica* ognuno è tagliato per quel che è destinato a fare.
    Sono rimasta stupita dalle mie compagne di "ventura"

    *Una folata di vento gelido spazza quelle lande ancora fantasma, come se l'ultimo alito di terrore e d'oblio si stesse levando in alto solo adesso, riluttante e crudele come ciò che evoca, non spazzando via l'odore di morte ma intensificandolo, come a voler spargere, con un'ultima macabra esplosione la sua promessa di vendetta. La vampira rabbrividisce di piacere e sorride mefistofelica, come a fissare un tacito e folle appuntamento.
    Rimane assorta qualche istante, poi intinge di nuovo il pennino nel suo grottesco calamaio e riprende il suo scritto.*

    Già... non tanto per Lady Syflin, sapevo già fosse una donna giudiziosa, anche se non si staccherà mai completamente da quelle che sono forse congenite convinzioni mortali. Come un naufrago ella si aggrappa ancora alle assi di legno della nave colata a picco, senza il coraggio di immergersi e lasciarsi trascinare dall'oscura corrente del sapere... perchè in fondo, ha ancora paura di morire... perchè in fondo, è ancora troppo scuro l'abisso sotto il pelo dell'acqua per una mente, seppur brillante, mortale. E' una donna che non mi delude facilmente, ne ho avuto la riconferma.
    La seconda ritualista... una drow, e si sa quanto io odi i drow! *ride* Era arguta, ma questo non l'ho mai messo in dubbio per quel che riguarda la sua razza. Non so... diciamo che fra tutte le evanescenti figure che verranno indebitamente proclamati eroi lei era più definita delle altre. Forse perchè credo ci unisca il potere del sangue draconico, forse perchè ci siamo trovate unite nel sospetto... *sospira sorridendo amara* O forse perchè abbiamo il colore di pelle sbagliato per essere ricordate anche noi come eroine.
    Ci siamo difese con lealtà, l'una con l'altra, in nome di un bene e di un interesse maggiore... tali scene mi alleggeriscono il cuore quasi alla maniera mortale, devo ammetterlo.

    L'entrata nelle mura, farsi spazio incespicando nei corpi e respirando a pieni polmoni l'odore di sangue fresco... la battaglia, le urla e le ossa rotte: ricordo tutto questo come un delirio, come una folle corsa verso la morte, è tutto vivido e confuso al contempo nella mia mente.
    Non mi sono interessata più di tanto di ciò che quello sciame di testoni avesse intenzione di fare: ho solo seguito Tarkas. Mi stranisce talvolta... non perde mai il suo sarcasmo, il suo modo di non prendersi mai sul serio, ma ieri aveva la dignità di un cavaliere, avanzava con la stessa fierezza con cui avrebbe fatto Chris... *sorride appena,con fare quasi sognante* Era determinato e gelido, come un fratello anziano, nonostante il suo continuo scherzare, nonostante io abbia deciso di stare al suo gioco si sentiva nell'aria, si sentiva dal suo sangue che se avesse potuto battere il suo cuore avrebbe pompato al doppio della velocità sangue incandescente l'altra notte. Non era una marcia verso la morte la sua... era la marcia della morte stessa: ieri mi ha resa molto fiera. *sorride* Riderebbe di me se glielo rivelassi.

    Ho provato finalmente, dopo decenni, la stanchezza, quella spossatezza quando ero solo un'accolita e correvo fra i boschi, in cerca di vittime, in cerca di confronti con il mio potere... e tornavo esanime perchè il mio sangue draconico aveva scaricato tutto il suo potere... mi sono sentita di nuovo una piccola iniziata della Rosa Spinata. Il palazzo... ed i mille trabocchetti, la delirante illusorietà di ogni cosa, le creature che lo abitavano, la morte che alimentava quel folle carosello di visioni e fauci spalancate... la lotta e le grida. *ride dissacrante* Per qualche istante ho addirittura pensato somigliassimo lontanamente ad un gruppo! Poi ho pensato che l'amore per la dignità di un vero vampiro non avrebbe mai consentito la collaborazione con esseri travestiti da piccione e cromati come finiture di una sella... *sogghigna divertita, intingendo di nuovo il pennino nel foro sul collo del... cadavere?*
    Ho sentito Tarkas battibeccarsi con quel sanguesporco senza corredo da pollo... *scuote il capo* Gli ho detto una cosa vera... Non perdesse la tana fra le pecore per rincorrere il belato di un agnello storpio... sono il sudiciume di queste terre, hanno crani così piccoli che stento a credere sappian far di conto... non si infila un drago in una stalla... sono pensieri troppo elaborati per creature di così basso lignaggio. Mi auguro solo che Tarkas non se ne faccia un cruccio... del resto, io ho imparato a non farmene una malattia dopo quasi un secolo! *ridacchia divertita*

    Ed al suo cospetto?... L'Oscuro lì davanti a noi, una semplice creatura vestita d'abiti color dell'abisso: la sua presenza avrebbe destabilizzato chiunque, ne sono certa... e poi messer Elenduil: l'ho detestato in quelle carceri, mentre ha conquistato tutta la mia stima, anche se era diffidenza quella che io ho nutrito fino all'ultimo... ma non mi biasimo.. e so che nemmeno lui l'ha mai fatto. Ha spazzato via Volspa: una donna la cui aura percepivo dall'ingresso in quella delirante dimora, ha errato il rituale perchè così aveva visto... come disse tradendosi prima di metterci in cammino verso Slayn, ha seguito i passi del destino come una triste danza... che l'ha portato alla morte... ma tale non è realmente se avviene con valore.
    Il rituale, la speranza e la stanchezza... la delusione: qualcosa che va storto e le risate dell'Oscuro che mi seguiranno nel feretro ogni alba. Era tutto scritto, era tutto davanti agli occhi di E.. *si ferma, come a volersi correggere, sorride appena e bagna di nuovo il pennino* Krenith.
    Lo sciamare di quegli sciocchi avanti ed indietro, la furia cieca che temevo ghermisse Tarkas, la disperazione e l'attaccamento alla vittoria che senza far funzionare, così come facevano, il cervello non sarebbe giunta... ricordo tutto in modo molto confuso, ricordo solo che cercavo l'azzurro in quella costellazione dove il cielo era il marmo del pavimento e le stelle le chiazze di sangue... cercavo l'azzurro delle vesti di Krenith, cercavo l'azzurro che ricopriva il suo corpo...

    Edited by Talon™ - 8/8/2014, 22:22
     
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    Chiacchiere davanti al fuoco
    Tratto dalle Cronache "Asuriane"...

    Alla vigilia di una grande battaglia... non tutti gli eroi si danno alla vita castigata.

    "135. UNA CRIPTA IN AFFITTO

    I giorni non scorsero, ma schizzarono verso un’alba che ognuno di loro temeva: erano poche le volte in cui riuscivano a riunirsi tutti intorno al fuoco, anche per scambiare un misero pugno di parole. Erano tutti intenti a prepararsi al meglio, a cercare di assorbire il maggior numero di nozioni possibile per non farsi cogliere impreparati. Quelle sere erano incantevoli però, sembrava che il mondo si fermasse, che il cielo coperto di nubi innaturali smettesse di gorgogliare mentre loro finalmente si rilassavano, trovavano il tempo di ridere e scherzare, di raccontare le storie che li avevano resi eroi, e quelle che servivano solo a farsi una sana risata.

    Era ormai calato il sole l’ultima volta prima del loro grande giorno, e quella notte il cuore di chiunque faticava a star leggero, fu quasi un gesto spontaneo per molti riunirsi intorno al grande fuoco dello spiazzo centrale: come spiriti dannati intorno ad un’anima pura, si radunarono intorno a quella luce e quel calore quasi fosse in grado di lenire le loro sofferenze.

    Amra fu la prima ad avvicinarcisi, in compagnia di Valen e Dafne, appena di ritorno da un’escursione sul colle di Shandriss: non avevano mai visto tante pietre preziose tutte insieme, a creare un firmamento sotterraneo.
    La sua amica umana era di ottimo umore, e non lo era perché lontana da quelle terre che aveva odiato con tanto fervore, era di buon umore perché finalmente la sua scorza acerba aveva rivelato il frutto dolce e maturo che celava; le sorrise senza motivo apparente, salutandola con la mano ed invitandola a sedersi con lei.

    “Come va?” le chiese ravviandosi i capelli perennemente scarmigliati color del mogano.
    “Decisamente bene! Ho appena finito un sonetto che ho composto per Syflin… lo sai che lei è il membro più anziano del Consiglio della Torre dell’Occhio? Ha visto Reir Krow crescere come apprendista addirittura!”

    Valen sospirò a quelle parole e guardò intenerito il fuoco per qualche istante.
    “Il povero Reir… l’avreste dovuto vedere, l’avreste dovuto conoscere!”
    “Ma noi l’abbiamo conosciuto!” quasi lo corresse Amra.

    Gli occhi verdi di Valen si spalancarono ed il suo capo cornuto si inclinò.
    “Le rovine della sua isola galleggiante sono state rinvenute sulla penisola di Slayn almeno vent’anni fa… Non se ne hanno più notizie da allora.”

    “Gli scherzi dei viaggi nel tempo” disse Kerick mentre si avvicinava a loro. Era finalmente libero dall’armatura bianca e nera che indossava quasi sempre. Il corpo ancora tonico e slanciato, nonostante fosse quello di un uomo ormai maturo; era fasciato da una casacca ben sagomata grigio perla, che tagliava la sua figura al ginocchio, e terminava con un collo alla coreana, mentre i calzoni erano di stoffa, di un grigio così intenso da assumere sfumature bluastre. Le ciocche ricciolute erano libere di carezzargli le spalle, leggermente umide, creando un gioco si colori che ricordava dell’ebano venato d’argento intorno ad un viso solcato solo leggermente dal passare del tempo.

    Un fascino discreto, una bellezza quasi volontariamente passata sotto silenzio.

    “Viaggi nel tempo?” Chiese Valen inclinando il capo, guardando stranito le sue due compagne che invece fissavano Kerick sorridendo complici.

    Con un solo discreto gesto l’uomo chiese a Dafne se poteva sedersi accanto a lei, e la ragazza, per la prima volta sorrise senza avvampare mentre gli accordava il permesso.

    “Già, Kerick ed Antalius hanno pensato di regalarci una gita nella storia di Slayn per sventare la minaccia che Orphius gettava su queste terre ai giorni nostri” spiegò Amra decisamente divertita dalla reazione del druido.
    “Ah si?” Valen incrociò le gambe e si sporse proprio come un bambino curioso “E cosa avete visto?”

    “Cose terribili e meravigliose…” Disse una voce roca che spuntava dal nulla. “Cose che non dimenticheremo così facilmente”
    “Valen!” disse Kerick risoluto mentre afferrava Dafne per le spalle e gli indicava con lo sguardo Amra, entrambi gli uomini fecero loro da scudo, abbrancandole.

    Due dei lembi della fiamma che danzavano dinnanzi a loro deformarono le loro ombre, creando un breve spruzzo di fumo che assunse poco dopo le sembianze di Kerouack e Samia, che si sbellicavano dalle risate godendosi le facce basite dei quattro astanti.

    La mastra porse la mano all’allievo e gli strizzò l’occhio decisamente soddisfatta.
    “Beh, per essere un principiante te la cavi divinamente… bel colpo socio!” asserì ridacchiando ancora.
    “Samia… immagina solo la figura barbina che avrei fatto morendo di un tocco al cuore la notte prima della Grande Battaglia” disse Kerick divertito più che irritato, lanciando uno sguardo a Valen che cercava di riprendere a respirare regolarmente, tranquillizzato da Amra.

    D’un tratto Dafne si alzò in piedi di scatto, scrollandosi letteralmente di dosso Kerick e ringhiò contro Kerouack.
    “Brutto sputo di fumo fuggito direttamente dai miei peggiori incubi… vediamo se una zucchina può pronunciare una formula magica!!!” disse rimboccandosi le maniche della sua tunica con modi tutt’altro che da signorina per bene.

    Una generale risata li accompagnò mentre girarono più volte intorno al fuoco, prima che Valen e Kerick disperdessero i suoi istinti omicidi.

    “Anche se però non mi tornano i conti devo essere sincera” disse Amra portandosi un dito alle labbra “Se tu e Messer Kerick…”
    “Chiamatemi pure Kerick, credo che rischiare la vita insieme ci renda quel che i più chiamano amici no?” disse il chierico rompendo il suo contegno, divenendo molto più umano nel tempo di un sorriso.
    “Bene! Mi piace! Anzi… mi piace solo se anche voi ci date del tu!” Quasi si gongolò di quella sua richiesta, sentendo di aver definitivamente colmato la distanza che gli asuriani cercavano, per riverenza, di creare fra loro. “Allora… beh non mi tornano i conti…” riprese l’elfa scrollando le spalle “Se voi avete detto di essere stati presenti alla Strage dei Templi, se noi stessi avevamo due lettere da consegnare in caso avessimo incontrato il Kerick di più di un secolo fa…” Amra strabuzzò gli occhi strappando qualche risatina “Quanti anni avete?!”

    Valen rise e guardò di lato decisamente imbarazzato, mentre Kerick si accingeva a rispondere Samia lo bruciò sul tempo.
    “Beh si, qui siamo tutti coetanei di un paio di mummie che avete incontrato”

    Una risata soffocata prese forma alle loro spalle, provocando loro l’ennesimo sussulto.

    “Basta adesso! Il prossimo che sopraggiunge alle spalle in questo modo lo accendo come una un cumulo di corteccia essiccata con una saetta!”
    “I paragoni in campo naturale sono troppo lunghi… non trovi sia meglio… lo accendo come una candela di sego?” disse Perin con aria decisamente pensosa, come se quello dell’umorismo di Valen fosse un serio dilemma.

    I canini appena un po’ più torniti, che ricordavano il morso canino, di Valen vennero mostrati per un largo sorriso, mentre indicava al piccolo amico un posto nelle sue vicinanze.

    “Avanti Underfoot, cerca di fare la persona seria una volta tanto!” disse Kerick ridacchiando.
    “Kerick stiamo parlando della tua età… adesso, o sdrammatizziamo o non c’è che da scoppiare in lacrime amico mio”
    “Beh tu non sei esattamente un fanciullo….”
    “Cosa c’entra!” disse Perin piccato “Il villaggio di Drudoc dona ai suoi nascituri una vita più lunga di quattro volte quella di un umano dalle gambe lunghe!”

    “Un giusto contrappasso per passare la propria esistenza a fissare le ginocchia dei propri interlocutori…” commentò Midas avvicinandosi lentamente al fuoco, squadrando tutti loro con aria guardinga.

    Perin lo guardò decisamente offeso per qualche istante, ma con un solo sguardo ai suoi compagni di avventure e sventure il broncio si sciolse in un sorriso.
    Sarebbe stato sciocco rovinare quella sera che sembrava cominciare fra ricordi e risate.

    “Già, potrebbe essere così” disse Perin allontanandosi dal falò.
    “Dove vai?” chiese Samia allarmata, temendo che quelle parole lo avessero ferito.
    “Che chiacchierata è senza qualcosa da bere?” replicò il drudochiano senza neanche girarsi, ma c’era del sincero divertimento in quel tono.

    “Che cosa ci fai qui Midas?” chiese Kerouack sedendosi accanto ad Amra.
    “Non crederai che io davvero dorma a qualche ora dallo scontro… tanto, abbiamo fino allo zenit, e la notte è giovane.”
    “Non sei mai sembrato entusiasta della nostra compagnia…”
    “Beh, vedi alternative oltre che fissare una tenda tutta la nottata?”

    Un lungo sospiro, quasi affranto di Amra attirò la loro attenzione, come se quella fragile atmosfera che si stava creando fosse stata incrinata da quell’uomo.

    “Beh, per stasera lo prenderemo come sincero piacere di passare il tempo fra amici” commentò Kerick alleggerendo l’aria intorno a loro.
    Uno scettico sorrisino del ladro fu la replica.
    “Del resto, grazie, lo devo dire anche a voi messer Midas” continuò il chierico.

    Egli rimase in silenzio, cupo, ed assorto. Ai più attenti risultò lampante che forse molto semplicemente quell’uomo non era assolutamente avvezzo a trattare con persone che non fossero carogne con tutti i crismi: quella sincerità lo disorientava, lo rendeva nervoso ed aggressivo perché era più forte di lui non sentire puzza di bruciato in quei casi.

    Samia d’un tratto cominciò a scuotere più e più volte il capo, con aria implorante, guardando oltre le spalle di Midas.
    Appena gli occhi di tutti furono in quel punto Perin si materializzò con una bottiglia di sidro in mano strappata, pronta ad essere versata sui capelli di Midas.
    Il suo piano criminale venne interrotto da un urlo.

    “Perin dannazione! Mi pagherai ogni singola bottiglia che ho visto sparire!” disse una donna facendo capolino dalla tenda dei rifornimenti.

    Il drudochiano ridacchiò ed annuì leggermente.
    “Certo! Dovessi andare a far compagnia a tuo padre Josh, te le pagherò!”

    “Josh!? Josh il polipo?” chiese Kerouack interessato.
    “Proprio lui!” confermò Kerick.
    “Lo abbiamo conosciuto… era davvero un tipo interessante, ci ha raccontato un sacco di cose! Una più bella dell’altra… è stato davvero come fare un tuffo nella storia di Slayn”
    “Già… ed abbiamo visto i ritratti di tutti voi… insomma, di può sapere quanti avete?!” disse Amra ritornando sull’argomento, ormai divorata dalla curiosità.
    “Beh si, abbiamo i nostri bei secoli… chi per un motivo chi per un altro” disse Kerick divertito, accettando una bottiglia di sidro che porse prima a Dafne.

    La ragazza lo fissò a lungo, regalandogli un sorriso quasi compiaciuto, perdendosi deliberatamente in quegli occhi verdi screziati di blu, mentre si abbandonava anche lei al piacere di un generoso sorso di sidro.

    “Come chi per un motivo chi per un altro?” chiese Kerouack mentre non usava la stessa cortesia ad Amra, attaccandosi alla bottiglia come se fosse acqua fresca dopo una giornata nel deserto.

    “Beh, Perin è nato nel villaggio dove a cinquant’anni ancora si gattona. Per quel che riguarda Valen, l’essere stato eletto da Sylverelle come suo guardiano lo rende indifferente allo scorrere del tempo”
    Il druido si strinse nelle spalle e sfilò dalle mani la bottiglia di sidro a Dafne, facendo una sorsata già rosso in volto.
    “Beh, eletto, che parolone… diciamo che vivo bene, mangio sano ed il mio retaggio sovrannaturale mi fa temere meno il passare degli anni” borbottò nel più completo imbarazzo quella creatura così riservata da sembrare imbranata.

    “Mentre invece Samia?” chiese Kerouack direttamente alla sua nuova amica, sinceramente incuriosito adesso.
    “Beh… devo ringraziare il buon re di Thaneros…” disse, incupendosi brutalmente. Guardò di lato scura in viso, incurante della fragile atmosfera che il suo malumore stava incrinando.
    Un provvidenziale tintinnio infranse quella coltre di cattivi pensieri che strisciava intorno a loro.
    Era Perin che cercava il brindisi con quella misteriosa mezz’elfa.

    “Manca solo Kerick all’appello” disse Amra divertita, assumendo un’aria dispettosa.
    “Diciamo che è una lunga e triste storia…” disse senza perdere il sorriso, ma qualcosa nel suo viso si spense.
    “Io la vorrei sentire” disse candidamente Dafne, portandosi le ginocchia in grembo, fissando assorta il viso di quell’uomo.

    “È solo la storia di un uomo che si innamora del proprio carnefice, e per giurarle eterna fedeltà suggella un patto di sangue…”
    “…e poi?” disse Amra sporgendosi verso di lui, decisamente interessata al racconto.
    “E poi lei non lo rispetta, mettendo in pericolo il mondo che ho giurato di difendere…”

    Lo sguardo di Amra si fece incredulo, addolorato.

    “Si, scelsi il dovere che il mio dio mi aveva affidato, ed egli mi concesse di eternare il dono che uno dei luogotenenti del Signore degli Inferi mi aveva fatto durante la mia prigionia, nel corso del primo Bahlil Merliin” disse compito, senza mostrare alcuna emozione in particolare, ma era evidente che un moto di sensazioni gli stavano ancora scombussolando l’animo.

    “Ecco vedete? Anche per questo motivo io trovo Calimon rassicurante…” disse Perin risollevando il tono della conversazione.

    In un solo istante, approfittando dell’unico attimo di distrazione dell’intero gruppo Dafne sfiorò il braccio di Kerick e gli porse la bottiglia di sidro che le aveva offerto poco prima, sorridendogli, e regalandogli uno sguardo che valeva chissà quante notti passate a lenire il suo dolore.
    “Grazie” rispose lui con un elegante cenno del capo, cogliendo a pieno il suo gesto.

    “Perché lui non arriva di soppiatto… lui arriva scintillando e cigolando” precisò Perin trascinandosi dietro una risata generale.

    Il paladino aveva solo i gambali le spalliere ancora allacciate, e quando si andò a sedere intorno al fuoco finì di toglierli, e sospirò. L’aria era affranta e provata, la forza della sua fede lo sosteneva, ma il peso da reggere era immane anche per una creatura proveniente in parte dalle più alte schiere di angeli di Lighen.
    Sollevò lo sguardo per cercare quello della sua compagna, e sorrise sollevato, quasi rinfrancato quando lo incrociò. Il suo cuore si ricaricò in un istante, ed il suo sorriso da sofferente si fece quasi emozionato, come quello di un ragazzino alle prime armi con l’amore.
    “Qualcosa ai miei occhi brilla più del fuoco stanotte… mi sembra di non vederti da giorni…” disse il paladino, dimentico della presenza di tante altre persone intorno a loro, ricevendo come risposta un’abbassata d’occhi di Samia, godendosi il suo rossore in viso come la più dolce delle repliche.

    “Andiamo Calimon… certe volte mi fai venir voglia di diventare donna” disse ridacchiando Nelendar mentre si avvicinava al gruppo, salutandolo con un cenno della mano, non badando assolutamente alle formalità. Insieme a lui c’era Syflin, con un vassoio con su delle focacce appena sfornate, ancora fumanti, il cui profumo alleggeriva già il cuore.

    “La figlia di Josh mi ha chiesto di portarvi questi da accompagnare al sidro, dato che Perin non conosce l’ospitalità ma solo la dedizione all’alcool” disse ridacchiando la maga.

    “Guarda che a suo modo è molto molto ospitale far ubriacare il prossimo!”
    “Ma non è questa la sera adatta ad una sbronza” lo apostrofò Samia, prendendo posto accanto a Calimon, sospirando affranta quando si dovette rassegnare a non poterlo neanche abbracciare… quel periodo era duro per tutti, ed il demone che si agitava in lei rischiava di avere il sopravvento se non era completamente serena, e la vicinanza di Calimon lo rendeva decisamente aggressivo, e lei era troppo stanca per respingere il suo furioso dimenarsi.

    “Beh, che mi sono perso oltre una bottiglia di sidro?” Chiese Calimon curioso e finalmente, rilassandosi, senza doversi sforzare di sembrare calmo e privo di preoccupazioni.
    “Oh niente, ci stavamo facendo un po’ i fatti di Samia, Valen e Kerick, chiedendo loro perché fossero vecchi quanto Arec!” disse Perin afferrando una focaccia lasciando catturare il movimento solo ad un paio di sguardi.

    “Arec… ricordate quando lo riuscimmo finalmente ad esiliare?” Chiese divertito Nelendar, mentre stendeva per terra il mantello che Syflin avrebbe occupato.
    “Certo che si! Avevamo ordito una trappola perfetta devo dire” precisò Calimon divertito, mentre si concedeva un fagottino di farro e miele.

    “Arec?” chiese Amra armandosi di taccuino.

    “Già! Devi sapere che aveva una cripta in affitto poco lontano da qui” spiegò Samia ridacchiando.
    “Cripta in affitto!” ripeté Kerick scoppiando a ridere di cuore.
    “Lo sapevano tutti che non era sua… chissà cosa nasconde quell’abisso intorno alla sua tomba…” aggiunse Perin con aria da saputello.
    “Beh, evidentemente il proprietario” disse Valen quasi sottovoce, fissando il fuoco per poi sollevare lo sguardo sui suoi amici con aria candida, incerto sulla serietà di ciò che aveva detto.

    La risata che ne scaturì fu un esempio di coordinazione decisamente singolare, nessuno di loro si sentì frenato in alcun modo, perfino Midas si stava godendo quelle chiacchiere intorno al fuoco, immergendocisi come se fossero un miracoloso medicamento per le sue preoccupazioni.

    “Beh ad ogni modo non fu difficile come pensavamo…” intervenne Nelendar, rimanendo in piedi per dare maggiore suspense al suo racconto, gesticolando ad ogni parola. “Syflin si occupò di mascherare l’aura che il sangue di Calimon sprigiona, evitando finalmente di mettere in allarme le decine di sentinelle di Arec, la terribile mummia che ha seminato il terrore per mezzo secolo nelle campagne di Slayn.

    “Mentre io mi finsi interessato ad entrare nella sua corte” disse Perin assumendo un’aria da perfetta e crudele spia “Posso sembrare molto molto spietato alle volte sapete?”

    “Ad ogni modo io mi tenni fuori dalla cripta o avrebbe fiutato il potere arcano che impiegavo per camuffare la presenza di Calimon… una volta lì dentro sarebbero dovuti essere solo rapidi e letali” Disse Syflin, decidendo di star dietro al racconto in fatto di pathos.

    “E cosa accadde poi?” chiese Amra concitata, guardando Kerouack e Dafne entusiasta.

    “Beh, Nelendar ed io aprimmo le danze, attirando i suoi servitori più potenti in una delle sue sale più lontane dal suo trono, sotto il quale giaceva la sua tomba.” Disse Kerick, cercando anche lui di conferire al racconto una certa enfasi.
    “Ma devi aggiungere, vecchio mio” lo corresse Nelendar “che la sala dove lo attirammo era chiusa da tutti i lati… l’unico modo per uscire vivi da quel luogo era la porta che ormai traboccava di nemici non morti…”

    “Già! Scheletri animati dall’oscuro potere di Arec, mummie rapide come gatti se incontravano le ombre, cadaveri di avventurieri che erano venuti là a cercare fortuna… e bestie appena sputate via da un incubo” disse Samia creando strani giochi di ombre intorno al fuoco.

    “Fu una corsa disperata contro un tempo che stringeva pericolosamente” disse Calimon lanciandosi anche lui in quel gioco di narrazione “Arec avrebbe dovuto pronunciare solo una formula magica e le sue impenetrabili difese l’avrebbero di nuovo protetto da un attacco realmente letale per lui”
    “…insomma, al prossimo tramonto saremmo stati punto e accapo” disse Perin storcendo il naso.
    “Ma Lighten quella volta guidò la mia mano, la rese innaturalmente celere, e la mia lama era affilata dalla mia stessa fede”

    “In pratica” disse Samia con una scrollata di spalle, ammiccando al paladino “Lo fece a fette e lo rinchiuse per sempre nella sua tomba, sigillandola con il medaglione benedetto di Lighten”

    “Regalandogli un soggiorno forzato nella sua bara finché…” Nelendar si sforzò di cercare delle parole diverse da morte per completare la frase, rendendo volutamente ridicola la scena.
    “Beh, finché sfratto non sopraggiunga stando alla teoria di Valen” disse Syflin sorridendo divertita.

    C’era dell’innata grazia, un dignitoso contegno in ogni sua mossa, eppure non sembrava né altera né distante quella studiosa arcanista.

    “Esattamente” precisò Samia ridendo di cuore.

    “Tsk, vedi Aradel, come le femminucce devono industriarsi quando sono a corto di forza bruta?” Intervenne Gotrek senza nascondere la sua leggendaria baldanza.

    “Da quando ti conosco aspetto sempre qualche minuto per gridare al terremoto… prima di vederti arrivare” disse Perin ridacchiando.

    “E quanto aspetti prima di farti dare del nanerottolo?” ripose il tauri abbozzando un mezzo sorriso.
    “Poco, molto molto poco”

    Le due creature che erano insieme ad Aradel torreggiavano addirittura su di lui, erano di forma antropomorfa, un colossale ammasso di muscoli che superava i due metri, ma la loro pelle era ricoperta da una sottile peluria, striata in beige e marrone, ed il loro volto somigliava più a quello di un bisonte che di un umano, con lunghe barbe folte come quelle dei nani. Avevano gingilli incastrati sia alle orecchie bovine che al naso della stessa fatta, e quello che aveva appena preso la parola portava sotto braccio due botti di birra come se fossero due piume.

    “Gotrek, Gitano unitevi a noi!” disse Calimon allargando le braccia.
    “Certamente, non potevo perdermi questa rimpatriata per niente al mondo” disse Gitano, che era leggermente più minuto di Gotrek, ma parimenti colossale come stazza.

    Aradel si sedette fra loro, salutando come un bambino che cerca l’approvazione dei genitori gli altri presenti.
    “E Breath? È a rincorrere qualche gonnella?” chiese ironico Kerick.
    “No, è a procurarsi del companatico per questa birra” disse Gitano prendendo posto, provocando una vibrazione che effettivamente sembrava una scossa tellurica.

    “Andiamo, non biasimiamo sempre la passione di Breath per le belle donne!” disse Samia spezzando una lancia a favore di quel guerriero la cui fierezza metteva in soggezione anche i suoi amici più cari.
    “Beh, il fascino di un’armatura ammaccata lo chiamerei” Disse Syflin non senza una punta di acidità.
    “Ma l’armatura ammaccata diede una bella mano sia all’attacco dei Dragoni che al primo Bahlil Merliin”

    “Perché i dragoni attaccarono Slayn?” chiese Kerouack mentre fissava quasi commosso la marmellata di lamponi che colava sulle sue dita da una focaccia di mais.

    “Beh…” principiò Calimon quasi rammaricato. “Reir venne travolto per primo dall’ondata di follia che ne scaturì: la morte di Antalius gettò la sua sposa nella più oscura follia…”
    “…Egli l’amava più di ogni altra cosa al mondo…” proseguì Valen, fissando il fuoco con aria vacua, senza permettere di comprendere di chi esattamente stesse parlando, se di Reir o di lui in persona.
    Perin colse il suo dolore e sorrise amaro, accettando il testimone per continuare la narrazione.

    “Convinse i dragoni dell’isola che molti dei loro fratelli erano stati uccisi dagli eroi di Slayn per puro diletto, per allenarsi a scontri ben più importanti… ed i dragoni gli prestarono fede, per via di un vecchio patto che strinse con loro, e mossero guerra contro Slayn… rendendola un cumulo di macerie in poco tempo. Preparandola per l’arrivo dell’Oscuro.”

    “L’Oscuro… ne abbiamo sentito parlare” disse Kerouack riflettendo quasi fra sé e sé.

    “Già, una creatura di memoria così antica da non essere alla portata di nessuna creatura, viva e non, sulla faccia di queste terre, un perfetto concentrato di crudeltà ed astuzia… ci mise in scacco per più di dieci anni, impedendoci anche solo di mettere piede a Slayn, che era il suo quartier generale. Anche perché dalla sua aveva un vantaggio sconfinato” spiegò Kerick.
    “E cioè?” chiese Amra ormai persa in quei racconti fantastici.
    “Aveva cancellato ogni traccia di sè: qualunque cosa fosse stata narrata o scritta su di lui era stata messa a tacere o data alle fiamme… insomma, non sapevamo niente di lui” le rispose Syflin.
    “Pensiamo che Reir si fosse alleato anche con lui, dato che pochi giorni dopo il suo insediamento lui si ritirò sulla sua isola galleggiante, disinteressandosi delle vicende dell’Asur ed ignorando le nostre richieste di aiuto” disse Nelendar, come se la preoccupazione di quei giorni fosse riaffiorata dal nulla.

    “Reir era un uomo distrutto dopo quello che gli era accaduto, riversò tutta la sua rabbia su Slayn, ormai non più in grado di prendersela con il vero colpevole, ridotto ad un mucchio di ceneri: neanche l’amore per sua figlia Aurora lo aiutò a rimanere a galla” disse Syflin amareggiata.

    “Il vero colpevole non è propriamente Antalius a mia detta” esordì timidamente Dafne, guardandosi intorno quasi timorosa. “Sharabeth tornando umana era caduta in un errore imprevedibile: aveva sottovalutato un elemento fondamentale di tutta la sua storia…” la druida prese una pausa, come a temere gli attacchi di coloro che fino ad allora si erano comportati come vecchi amici anche con lei, ma nessuno fu così avventato, nessuno smentì la sincerità del loro affetto.
    “Ella, col patto con Dreinard, aveva avuto la possibilità di vivere il rapporto tra un vampiro ed il suo creatore come una semplice mortale, con un cuore che poteva battere e che era incapace di contenere un fascio di emozioni così vasto e complesso…”
    Socchiuse gli occhi, come per focalizzare quei ricordi ormai impressi nella sua stessa anima, e sorrise teneramente quando si ricordò di quei due – in differente maniera – dannati davanti al camino della Rosa Spinata, dire addio a ciò che in modo balordo, provavano l’uno per l’altra il giorno prima delle nozze con Reir. “Immaginate per un solo istante di fondere insieme l’affetto che provate per i vostri genitori, la complicità con la persona che meglio vi conosce al mondo, la passione per il vostro più devoto amante e l’orgoglio che vi lega al vostro esempio nel vostro cammino… e plasmatelo sotto forma di un legame troppo forte per essere spezzato e troppo perverso per essere vissuto”

    Il silenzio calò su quel gruppo di amici, ma non era pesante. Gli occhi giallo ambra della druida si sollevarono sugli ascoltatori, erano carichi di sincera commozione, quasi di tristezza per l’impossibilità che sapeva rappresentasse l’impresa di far comprendere le ragioni di coloro che loro vedevano come nemici giurati.

    “Era prigioniera di un fato che non aveva valutato correttamente, era legata indissolubilmente al suo destino… eppure per dieci anni ha combattuto per ignorare una verità che l’ha consumata giorno dopo giorno… fino a condurla alla follia…”

    “…Fino a riportarla al posto che da sempre era stato suo…” disse Kerouack, come per accompagnarla in quella piccola crociata che mai si sarebbe aspettato da lei, per farle capire che non era e mai sarebbe stata sola in ogni sua singola scelta.
    “…Accanto al suo re” concluse Amra sognante.

    Samia forse stava per muovere parole di disappunto, stava per descrivere con più precisione quanta morte e quanta sofferenza avesse seminato il loro romantico idillio, ma Gotrek irruppe nella conversazione.
    “Neanche il buon vecchio Anty era più lo stesso dopo che si era messo alle calcagna quella gatta morta”
    “Anty!?” intervenne Midas stavolta, decisamente stupito del nomignolo che il tauro aveva affibbiato all’incarnazione del male.
    “Beh, non è un mistero che io ed Anty siamo sempre andati molto d’accordo… c’era un patto fra di noi: io non gli rompevo le scatole e prendevo la mia bella parte in ogni saccheggio, e lui osservava le regole di buon vicinato senza sindacare più di tanto. Un cadavere ragionevole lo definirei” aggiunse ridacchiando.

    “Non ti facevo così…” Kerouack si fermò come per cercare le parole.
    “Carogna?” chiese Gitano dando una poderosa spallata all’amico in segno di goliardia, facendogli versare della birra che stava trangugiando direttamente dal barile.
    “Per questa… facciamo i conti dopo…” disse fintamente minaccioso Gotrek e proseguì, passando ad Aradel l’alcoolico testimone.
    “Io faccio quel che è bene per il mio clan, quel che fanno fuori dalle mie terre è affare mio solo se mi pesta gli zoccoli… non c’è altro motivo per la mia presenza qui se non questo.”

    “Ruthus!” gridò Nelendar d’improvviso, sbracciandosi e sorridendo “Ruthus dannazione! Capiti proprio a fagiolo, siediti qui con noi, stavamo ricordando i bei vecchi tempi!”

    Pochi minuti dopo, un nano dalla barba di un biondo così chiaro da sembrare bianco, accompagnato da una donna dalla bellezza esotica si avvicinarono al gruppo.

    La pelle della sua accompagnatrice, tesa sotto dei muscoli quasi mascolini per quanto tonici, era color cappuccino, mentre gli occhi erano del colore del caffè tostato, vividi ed intensi. Le labbra brunite si tesero in un sorriso rivolto a tutti coloro che la guardavano ed agitò la mano prima di passarsela tra i folti e riccioluti capelli castani.

    “Ecco a voi un’altra giovincella bicentenaria!” disse Samia ridendo e tendendo la mano, salutando la nuova arrivata afferrandole il polso e stringendolo a lungo, regalandole uno sguardo di puro ed incondizionato affetto.
    “Grazie alla mia dea… Kahashara crede che io la serva bene abbastanza da prolungare la mia vita fino al suo volere”

    “Beh, anche il fatto che tu abbia rifondato il suo culto credo che non sia cosa da poco” disse Kerick nel deliberato intento di lodare la sua virtù.

    Una modesta scrollata di spalle fu la risposta di quella donna, mentre procedeva alle presentazioni.
    “Oggi con tutto quel trambusto non ho avuto il tempo di presentarmi come si deve: io sono Isabella delle Sabbie, Cavaliera di Kahashara e custode dei suoi misteri…e vi rendo grazie dal più profondo del mio cuore per quello che state facendo” Si battè due volte il pugno sul petto e si inchinò al cospetto di Amra, Kerouack e Dafne, ripetendo poi il gesto ad Aradel.
    “Cosa venera chi crede in Kahashara?” Chiese Kerouack, interessato più al suo alfiere che alla dea in sé.
    “La giustizia ed il coraggio… ella è la luce che guida un cuore puro anche al centro delle tenebre”

    Le parole di quella donna vibrarono letteralmente, ammantate di un orgoglio che non sfociò in superbia, ma gettò una luce quasi divina su quel volto che avrà dimostrato si e no quarant’anni.

    “Stavamo parlando del pane per bardi più indigesto in circolazione…” disse sarcastico Perin, alle prese con una fetta di torta alta quanto lui.

    Isabella inarcò un sopracciglio e prese posto accanto a Calimon, senza capire bene quale fosse l’argomento, distratta solo dal sonoro rutto del nano accanto a lei.

    “Sharabeth ed Antalius…” disse roteando gli occhi Samia.
    “Per Kraina! Io sono stato l’ultimo a veder viva quel pezzo di figliola… certo, un po’ troppo intrigante per i miei gusti da nano, ma porca miseria, non si può dire certo che Antalius si sia trattato male.”
    “Beh, puoi tranquillamente dire che mezzo Asur non si sia trattato male” commentò quasi maligna Samia.
    “Non ti permetto di parlarne così… non lo chiedo per lei ma per me.” Disse Valen severo ed addolorato.

    Samia e Calimon si guardarono per un solo istante, e sorrisero a Valen, benevoli, ed in un certo senso contriti, addolorati per quel loro caro amico.
    “Perdonami amico mio, non volevo ferirti.”

    Ruthus – che da buon nano – non ne capiva poi molto di diplomazia, scolò la birra più velocemente che poteva e cercò di riportare al goliardico la conversazione.
    “Beh, fatto sta che io e solo io l’ho vista correre come una lepre davanti ad un leone di montagna!” esclamò, terminando la frase con una sonora risata.
    “Che cosa!?” chiese Kerouack incuriosito e divertito.
    “Beh si, Antalius mi affidò il compito di scortarla da Slayn fino a Moldrag, dove avrebbe dovuto salpare per Thonar… ma la signorina già da viva aveva una lingua lunga e tagliente, e un nano dal passato così illustre come il mio non poteva certo tollerare di essere sbeffeggiato da una ragazzina dall’idea troppo positiva di sé!” commentò agitando il boccale di legno ormai a secco di birra. “Così la lasciai a rinfrescarsi le idee nei boschi di Slayn…”

    “Che passato illustre?” chiese Amra con il pennino già posato sul taccuino.
    “Per tutti gli dei figliola! Sono Ruthus Hell! Questa dannata città sarebbe stata ancora un cumulo di sassolini… che dico!? Un parco giochi per demoni se non ci fossi stato io a proteggerla! E non parlo mica solo del Bahlil Merliin!”
    Non ci volle nessun commento per comprendere la passione per ingigantire le cose di quel nano dal cuore grande quanto il suo orgoglio.

    “Il tuo corso accelerato di buone maniere non ha stemperato la sua arroganza amico mio… ma è stato un tentativo apprezzabile” disse Breath andandosi a sedere vicino a Gitano, regalandogli una pacca sulla spalla, e posando a terra un vassoio da mezzo quintale pieno di cosciotti di maiale ed agnello.

    “Tocca sempre a me fare il lavoro sporco” si lamentò divertito il guerriero, che adesso era privo dell’armatura, scegliendo la libertà di un paio di calzoni di cuoio consunto. Lasciando in piena vista il torace ampio e scolpito, ridotto ad un incrociarsi di cicatrici più o meno profonde. I muscoli si tuffavano l’uno nell’altro, e guizzavano, gonfi fino a sembrare in procinto di esplodere, ad ogni piccolo movimento; la stazza di quell’umano non era per niente seconda a quella dei due tauri che aveva accanto.

    “Ehi! Io ho portato la birra!” si giustificò Gitano.
    “No, TU l’hai finita, ed IO l’ho portata” precisò Gotrek, cercando di attaccare briga per animare la serata ai suoi occhi.
    Tutti osservarono il battibecco divertiti, già dimentichi degli argomenti tristi e delicati che avevano toccato quella notte.

    “Hai imparato a vedere oltre il bianco ed il nero… avevo visto giusto sul tuo conto” disse Kerick a voce bassa guardando Dafne sottecchi.
    “Beh… i fatti mi hanno insegnato più di tante parole che ho udito”
    “Non tutte le tue lacrime allora sono state versate inutilmente” disse sorridendole.
    Dafne sollevò il capo e lo sguardo, abbassando appena le spalle, spiazzata, senza riuscire a pensare lucidamente a quelle parole come un complimento.
    “Sei… gentile, e ti ringrazio.”
    “No, sono un buon osservatore, e me ne compiaccio” disse con un pizzico di ironia, passandole di nuovo il sidro, strappandole una risatina inaspettatamente civettuola.

    “Vedi anche tu quel che vedo io?” disse Kerouack sussurrando ad Amra.
    “Che cosa?” replicò l’elfa intenta a godersi il battibecco tra i tre possenti guerrieri davanti a lei, ed a perdersi nell’espressione beata di Aradel.
    “Cespuglio che ci prova con un uomo”

    La voce di Dafne ed i suoi modi, da incantati ed incantevoli tornarono quelli di sempre, con uno sbalzo così repentino da lasciare lo stesso Kerick di sasso.
    “Razza di lombrico moderatamente peloso!” disse la druida scagliandogli dietro la bottiglia che il chierico le aveva appena passato, mancandolo di qualche centimetro.
    “Eh no! Il sidro no! Buttare via così il sidro no! Ammazzate Dafne ma non gettate via il sidro!” disse Kerouack fingendosi disperato.
    “Vieni qua che ti ci affogo nel sidro!”
    “Beh, una morte così dolce regalata da te sembra comunque una fine orribile Cespuglietto”
    “Come mi hai chiamata?!” esclamò la ragazza fucsia in viso.
    “Beh dato che ti si sta intenerendo il cuore ho deciso di concederti un vezzeggiativo… preferisci Cespugliuccio?”
    “Cespu…che?! Kerouack non farmi alzare o torni nella tenda un pezzo alla volta!”
    “Sei l’unica donna che quando civetta con un uomo diventa più isterica lo sai?”

    A quelle parole Dafne abbassò le spalle e sgranò gli occhi come se qualcuno le avesse dato una botta in testa, preda inerme del suo sconfinato imbarazzo.

    “Beh, se il buon Kerick si rassegnasse a mettere su famiglia non sarebbe male” commentò divertito Calimon.

    Una disinvolta e divertita risata di Kerick fu la replica che gli permise di non farsi anche lui ghermire dall’imbarazzo.

    “Si, ma se poi c’è un matrimonio da celebrare… chi lo dovrebbe fare, essendo lui il più alto prelato?!” si interrogò fintamente dubbiosa Samia.
    “Beh, potrebbero sempre rivolgersi alla concorrenza” disse Calimon fingendo un atteggiamento baldanzoso, scatenando l’ironia di tutti gli astanti, stemperando i toni di una questione che Dafne riteneva più scabrosa delle sorti della battaglia stessa.

    Quella notte passò così, tra le risate generali, i racconti di guerra e di pace di un gruppo di amici, e non di eroi, di regnanti o di paladini… ma solo di un pugno di persone riunite intorno al fuoco per ritrovare il piacere di stare insieme, per conferire un senso ed un fine all’alba che stavano per vivere… per ricordare per cosa davvero stavano dando la vita. Tanto… nessuno sarebbe stato capace di dormire."


    Giusto per distendere l'atmosfera... per ricordarci perchè, adesso, dopo quasi dieci anni... ci ritroviamo qui a parlar di Spada :)
     
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